Vite interrotte
Le nostre vite, i nostri piani e i nostri sogni sono stati interrotti in pochi giorni appena, sul piano personale, nazionale e mondiale. Il nostro Forum sullo stato dell’Europa è annullato (e al di là di tutto quanto, un importante terremoto ieri lì!) La formula uno, i campionati europei di calcio, i vertici mondiali, la Brexit, probabilmente anche i giochi olimpici… Ci si chiede se si può vivere senza divertimento.
Ci ricorderemo probabilmente per il resto delle nostre vite della Pasqua di quest’anno, anche se arriverà soltanto fra tre settimane. Sin dalla settimana scorsa, non c’è stata nessuna cantata di Pasqua, nessuna funzione normale di chiesa, e non ci sarà nessuna caccia alle uova nel giardino…
Eppure, le nostre circostanze attuali surreali potranno forse avvicinarci alla circostanze sia della storia di Pasqua sia della storia della Pasqua del popolo d’Israele che la prefigurava. Ogni persona cresciuta con le storie bibliche conosce le dieci piaghe scatenate contro l’Egitto di Faraone, creando la paura e l’incertezza dappertutto, salvo nei quartieri israeliti. Una piaga diffuse la morte nel bestiame mentre l’ultima calamità causò la morte di ogni primogenito maschio, tranne fra gli israeliti. Furono istruiti a spruzzare il sangue degli agnelli dei sacrifici sugli architravi e sugli stipiti delle loro case, affinché l’angelo della morte passasse oltre. Yahweh era il salvatore e il liberatore.
Tutto questo ci riavvicina fortemente da noi, mentre sentiamo ogni giorno il numero crescente di persone visitate dall’angelo della morte. La paura e l’incertezza viene con la realizzazione che noi, umani, non abbiamo tutto sotto controllo. La vita umana è così vulnerabile, con l’improbabilità di un enorme numero di fattore regolati con così tanta precisione affinché la vita, come la conosciamo, sia resa possibile.
Prospettiva
I cristiani capiscono che la Pasqua ebrea è l’anticipazione della sofferenza, della morte e della risurrezione di Gesù, da agnello sacrificatore. Pasqua è la grande interruzione della vita di Gesù, e della storia dell’umanità. Il messaggio è lo stesso: Dio è capace di salvare e di liberare.
Nonostante il virus, la quaresima continua. Con lo sfondo di bollettini quotidiani d’informazione, le nostre meditazioni di quaresima possono ricevere un nuovo significato. Ai fin di aiutare le nostre riflessioni, l’esposizione cittadina Art Stations of the Cross (stazioni d’arte della croce) di Deventer, della quale ho scritto la settimana scorsa, continua in un formato ridotto, negli edifici di chiese e nei locali di aziende che sono ancora autorizzati ad essere aperti. Situata a un ora di treno ad est di Amsterdam, Deventer ha una storia associata ai temi della sofferenza, della vulnerabilità e della desolazione, cosiccome del rinnovo, della riconciliazione e della compassione.
Il sito web ci permette una partecipazione virtuale, poco importa dove siamo, con le opere d’arte su temi universali caratterizzando le stazioni e riferendosi ai nostri tempi e alla storia della città. Perché la maggior parte della storia della città pittoresca di Deventer ci ricorda quanto siamo vulnerabili. Sin dai raid vichinghi fino all’occupazione nazista, quest’antica città commerciale anseatica ci ricorda che l’ingiustizia e la guerra sono di ogni tempo. La sofferenza è inevitabile.
Il pellegrinaggio d’arte di quest’anno celebra il 75° anniversario della liberazione di Deventer durante l’occupazione nazista, una commemorazione che sarà fortemente attenuata dalla pandemia che ha anche forzato la cancellazione della festa nazionale, il Giorno del Re. Mentre i paragoni con le difficoltà dei tempi di guerra sono frequenti nei media, la riflessione sulla seconda stazione, Gesù prende la sua croce, ci aiuta a restaurare la prospettiva.
Cerotto
Una pietra ascendente inclinata e spezzata nel suo cuore da una frattura frastagliata in forma di fulmine (vedere foto) fu creata dall’artista e poeta Arno Kramer. Il suo titolo, Una vita interrotta,è ispirata dal diario di una giovane donna ebrea che morì ad Auschwitz, Etty Hillesum. Una citazione del suo diario è cesellata sul memoriale: ‘Vorremmo essere un cerotto su tante ferite.’
La storia di Hillesum è raccontata sul sito web. Nata in una famiglia ebrea secolare, crebbe a Deventer ma viveva ad Amsterdam quando la guerra scoppiò. Un anno prima di morire, scrisse nel suo diario: ‘La sofferenza non è sotto la dignità umana’. Sviluppava la sua fede personale, leggeva la Bibbia e scriveva il suo dialogo con il Dio creatore nel suo diario.
Anche se aveva ciò una cosiddetta ‘prova derogatoria’ che le permetteva di viaggiare, Etty scelse di tornare nel campo d’internamento di Westerbork per essere con la sua famiglia e i suoi compagni di sofferenza. Da lì, fu deportata ad Auschwitz. Il suo messaggio scritto frettolosamente, lanciato dal finestrino del vagone del treno fu trovato più tardi da un contadino. Vi è scritto: Aprendo la Bibbia a caso, trovo questo: ‘Il Signore è il mio alto rifugio’. Sono seduta sul mio zaino in mezzo ad un vagone pieno. Papà, mamma e Mischa sono qualche vagone più in là. La partenza era tuttavia abbastanza inaspettata. Abbiamo lasciato il campo cantando.
La sua vita interrotta si concluse finalmente ad Auschwitz il 30 novembre 1943 a 29 anni. Per Etty, il senso della vita era di servire a qualsiasi costo, per alleviare la sofferenza laddove fosse possibile, per amare, per fare il bene e per non rispondere all’odio con l’odio.
Jeff Fountain
Direttore Centro Schuman
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