Un Viaggio europeo #63 – Canterbury (Inghilterra)
Nel nostro ultimo episodio, avevamo scoperto le circostanze che portarono all’inizio della riforma inglese nel cinquecento. Per concludere, avevo suggerito di guardare al modo in cui la riforma iniziò ad essere applicata nel nostro episodio successivo.
Visiteremo quindi la città di Canterbury nella contea di Kent. Canterbury ha una storia ricca. Delle ricerche archeologiche rivelano che era già abitata all’epoca preistorica. Più tardi, i Romani e gli Anglosassoni stabilirono una colonia qui. Canterbury diventò un centro importante di commercio perché era idealmente localizzata vicino alla Manica e lungo il fiume Stour. Verso la fine del sesto secolo, un monaco italiano chiamato Agostino (non il Padre nordafricano della Chiesa) fu mandato qui dal Papa da missionario per convertire il re di Kent Etelberto. Dopo aver compiuto la sua missione, Canterbury diventò la sede dell’Arcivescovo della Chiesa d’Inghilterra e lo è rimasta sin da allora.
Come si può immaginare, ci sono tante cose da scoprire a Canterbury. Potremmo visitare le rovine dell’abbazia di Sant’Agostino, le case dei tessitori ugonotti o le rovine del castello, per citare soltanto alcune delle attrazioni turistiche. Tuttavia, per questo episodio, visiteremo il palazzo principale della città, che è ovviamente la cattedrale.
La Cattedrale di Canterbury, ufficialmente la Cattedrale e la Chiesa metropolitana di Cristo di Canterbury, fu costruita all’epoca di Agostino e di Etelberto, nel 597, anche se il palazzo attuale è dell’undicesimo secolo. Prima della Riforma, la Cattedrale faceva parte di un monastero benedettino. E ovviamente, visitiamo oggi questo luogo perché ha avuto un ruolo significativo nella Riforma, particolarmente nell’elaborazione della dottrina ufficiale della Chiesa.
Poco dopo che il re d’Inghilterra Enrico VIII ebbe preso il ruolo del papa da capo della Chiesa d’Inghilterra, un periodo d’instabilità seguì. L’Europa medievale era poggiata sulla Chiesa, e la Chiesa sulla sua dottrina ufficiale. La Chiesa d’Inghilterra, ormai liberata da Roma, era anche liberata dalla dottrina e dalla legge romana. Ma un paese in cui la Chiesa non aveva una dottrina ufficiale correva il rischio di essere debole.
Il re sapeva che era ora di creare una dichiarazione dottrinale ma non era così facile. Perché anche se il re aveva nominato il riformatore Thomas Cranmer da arcivescovo di Canterbury, l’opposizione alla riforma sorse da due fonti. In primo luogo, certi ecclesiastici inglesi di rilievo, quali il vescovo di Rochester John Fisher, rimase legato a Roma. In secondo luogo, i monasteri, i quali erano direttamente sotto l’autorità papale e non del clero inglese, resistettero alla riforma. I monaci cercarono di creare un sostegno popolare per la loro causa, ciò che dispiacque ovviamente a Enrico VIII. Da contromisura, il re mandò il cancelliere del tesoro pubblico, Lord Thomas Cromwell, per ispezionare i monasteri.
I monasteri si sentivano minacciati dall’ispezione che si profilava. E c’erano buone ragioni siccome tanti di loro erano in uno stato di corruzione morale e finanziaria. Certi abati preferirono persino abbandonare direttamente il monastero al re per evitare l’ispezione. Poco tempo dopo, il re fece promulgare un decreto per chiudere la maggioranza dei monasteri in Inghilterra e per radunare tutte le offerte date ai santi nella sua tesoreria. Ciò rappresentava un bel gruzzolo di soldi ed è quindi facile capire che il risentimento dei monaci si è poi rafforzato attraverso queste decisioni.
La decisione del re di chiudere i monasteri non era così positiva per il campo riformato. Perché quando i monaci persero i loro monasteri, tanti furono nominati preti di parrocchia. Ciò significava che facevano ormai ufficialmente parte della Chiesa d’Inghilterra. Ciò ebbe l’effetto di rafforzare il gruppo cattolico romano della chiesa d’Inghilterra.
Nel 1536, il re ordinò una convocazione clericale (cioè un sinodo) per elaborare la dottrina ufficiale della chiesa d’Inghilterra. E Enrico VIII voleva che sia elaborata presto. Quindi i vescovi e i dirigenti di ambi i gruppi si radunarono qui, nella cattedrale di Canterbury, per trovare un compromesso.
La convocazione diede nascita ai Dieci articoli della fede. Ma questo documento, scritto frettolosamente, era assai confuso. La prima parte comprendeva varie norme riformate, come il comandamento d’istruire il popolo di credere tutta la Bibbia e di predicare la salvezza mediante la sola fede in Cristo. I cinque ultimi punti però rimanevano cattolici romani, come la venerazione delle immagini e la preghiera ai santi e per i morti. E anche se la pratica delle indulgenze fu ufficialmente condannata, la nozione del purgatorio fu mantenuta.
Nel preambolo, il re ordinò a tutti i suoi sudditi di accettare gli Articoli della fede, perché credeva che insegnavano il popolo a onorare Dio e a ricercare il benessere del suo popolo. Ma purtroppo per Enrico VIII, questi Articoli della fede non diedero alla chiesa una base teologica stabile. E quindi, nei 17 anni successivi, varie affermazioni dottrinali furono scritte, adottate e di nuovo revocate.
Ma come lo scopriremo la settimana prossima, l’instabilità teologica di cui ho parlato in questo episodio era soltanto uno dei numerosi conflitti che la chiesa d’Inghilterra dovette superare nei decenni successivi.
Alla settimana prossima altrove in Europa.
Cédric Placentino
Responsabile Centro Schuman per l’Europa italiana e francese
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Foto: Wikipedia – Utente: Kai Hendry – licenza: https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/legalcode
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