Le radici dimenticate dell'Union europea (1a parte)
In questa pausa di Natale, il Centro Schuman per gli studi europei ripubblica degli estratti del libro di Jeff Fountain ‘Chi ha vinto la pace?’ (prossimamente in italiano). Iniziamo oggi con un’estratto dell’introduzione
Quasi Settant’anni sono trascorsi da quando il ministro francese degli affari esteri, Robert Schuman, propose un piano coraggioso di associare i popoli d’Europa insieme nella pace e nella solidarietà. Questo piano è cresciuto in ciò che conosciamo oggi come l’Unione europea.
Pressoché dimenticata, tuttavia, è la situazione d’odio e di rancore, di sfiducia e di sospetto, di crisi e di conflitto, di complotto e d’insurrezione, che dominava l’Europa negli anni seguendo la sconfitta di Hitler.
Le scene euforiche di moltitudini sventolando le bandiere e accogliendo le truppe vittoriose lasciarono velocemente spazio alla realtà ardua della ricostruzione di un Europa devastata e divisa. Ma come? Su quali fondazioni? Con quali valori? Cosa si poteva fare di diverso questa volta per rompere questo ciclo apparentemente inevitabile di guerre tra le tribù europee?
In particolare la Francia e la Germania, con la loro posizione geografica centrale, si erano abitualmente comportati come cani e gatti intorno a bocconcini di terre di frontiere, trascinando ripetutamente i loro vicini europei in scontri generalizzati. Due volte nella prima parte del ventesimo secolo, delle risse europee – con queste due nazioni al centro – erano diventate delle conflagrazioni mondiali.
La storia di questo rondone straordinario, eppure duraturo, della riconciliazione franco-tedesca dopo la Seconda guerra mondiale, è centrale all’intero sviluppo europeo del dopoguerra. È la storia di un piccolo gruppo impegnato di statisti condividendo dei valori comuni, una visione e delle convinzioni relativi alle fondazioni essenziali per il futuro dell’Europa.
È una storia con un personaggio centrale, ampiamente rispettato e conosciuto per la sua integrità ed umiltà, e universalmente riconosciuto come il ‘Padre dell’Europa’.
Eppure il nome Robert Schuman rimane ampiamente sconosciuto o ignorato in Europa. Quando è riconosciuto, viene spesso confuso con quello del compositore tedesco dell’Ottocento, Robert Schumann (doppia ‘n’).
Questa ignoranza e questa indifferenza rivelano un’insufficienza nella nostra istruzione moderna. Evidenziano dei pregiudizi accecandoci su questo genere di visione sopranazionale necessario nel nostro mondo globalizzato.
Misurano pure quanto proficui sono stati gli sforzi di deformare la storia del progetto europeo in un genere di ente secolare, pragmatico, tecnocratico al servizio di un mercato efficiente.
In questi tempi instabili che l’Unione europea sta affrontando, è urgente rivisitare la storia di Robert Schuman. Ci costringono di conoscere la visione, i valori e le esperienze di vita che lo hanno motivato nella sua missione di creare ciò che descrisse una volta come ‘una comunità di popoli in libertà, in uguaglianza, in solidarietà ed in pace’.
Perché Schuman credeva che questi valori avevano posto le fondazioni per l’Europa nel primo millennio dell’era cristiana. Decenni di tentativi di rifondare l’Europa nella visione del razionalismo ateo, del nazionalismo sciovinista e del fascismo neopagano hanno confermato la sua convinzione che il futuro dell’Europa dipendeva dal recupero dei valori cristiani per modellare le realtà politiche ed economiche.
Questi tempi ci spingono a rievocare quanto precaria e fragile era l’Europa occidentale del dopoguerra di fronte alla minaccia del dominio comunista, mediante l’azione militare, politica e sindacale. La storia europea moderna potrebbe essere stata molto diversa. Una terza guerra mondiale era una possibilità spaventosa. Dopo quasi tre decenni dopo il crollo del controllo comunista sull’Europa orientale, siamo tentati di dimenticare quanto reale, minaccioso ed apparentemente permanente era questo dominio.
La pace e la prosperità che ha giovato all’Europa sin dalla guerra, specialmente nell’occidente, non era semplicemente una conseguenza naturale della caduta di Hitler. Anzi, era il risultato fortunato di una serie di fattori, specialmente l’aiuto economico americano attraverso il Piano Marshall, lanciato nel 1947, e l’associazione militare transatlantica della NATO forgiata due anni dopo. Entrambi, tuttavia, potevano essere affondate nella sfiducia e l’amarezza tra le nazioni europee, le quali furono pericolosamente vicine a ripetere gli errori del passato.
Schuman ed i suoi colleghi cristiani vedevano il bisogno di creare un clima morale di perdono, di pentimento e di riconciliazione nel quale ‘una comunità di popoli’ potrebbe essere nutrita.
Inoltre, la storia di Schuman sottolinea la grande ironia dell’ostinazione francese rispetto alla menzione di Dio, del Cristianesimo o dei valori cristiani nella proposta di costituzione dell’Unione europea degli ultimi anni. Schuman, il ‘Padre dell’Europa’, un francese, un ex Primo ministro e ministro degli esteri francese, uno statista e visionario francese acclamato, esortava di avere a cuore “che il progresso spirituale andasse di pari passo con quello materiale”. Egli credeva che il Movimento europeo sarebbe fruttuoso solo se le generazioni future riuscirebbero a strapparsi dalla tentazione del materialismo che corrompeva la società, strappandola dalle sue radici spirituali.
Lungi da emarginare e da privatizzare la sua fede, egli vedeva il suo ruolo nella politica come una missione, una vocazione, una chiamata da Dio.“Siamo soltanto degli strumenti della Provvidenza,” diceva Schuman, “che ci usa per compiere dei grandi progetti che sono oltre la nostra comprensione.”
Jeff Fountain
Direttore Centro Schuman
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