L’inizio della fine
Il sesto d’una serie sulla rivoluzione spirituale dietro alla caduta del comunismo, trent’anni fa:
Il più grande evento del 20° secolo, ed anche quello meno atteso, era forse la caduta non violente dell’impero sovietico. Com’è accaduta?
Michail Gorbaciov, l’ottavo ed ultimo dirigente di quest’impero, ammise prontamente che questo sarebbe stato impossibile senza il Papa Giovanni Paolo II.
Il generale Jaruzelski, l’ultimo dirigente comunista di Polonia, pensava che la visita del Papa a Varsavia nel 1979 era il detonatore che diffuse una rivoluzione dalla Polonia fino al cuore dell’impero a Mosca.
Per VáclavHavel, il peregrinaggio del Papa in Polonia nel 1979 era ‘un miracolo’, più importante di ogni altra cosa che qualsiasi dirigente mondiale abbia potuto fare.
Quando Karol Wojtyla diventò Papa Giovanni Paolo II il 16 ottobre 1978, i dirigenti comunisti di Polonia avevano delle ragioni di temere. Lo conoscevano bene. Vent’anni prima, avevano sostenuto la sua nominazione da arcivescovo ausiliare di Cracovia. Sapevano che era intelligente, affabile, aperto e disposto al compromesso, ma non ancora politico o radicale. Pensavano che gli mancavano le qualità organizzative e di dirigenza e che sarebbe facilmente influito. Per queste medesime ragioni, Wojtyla era soltanto classificato settimo nella lista dei candidati per il lavoro del primate polacco Wyszynski.
Ben più tardi, il generale Jaruzelski ammise quanto i suoi colleghi comunisti avevano sottovalutato Wojtyla giudicando i vescovi più in alto di lui nella lista come dei candidati non ‘amici dello stato’. Richiesero Karol Wojtyla. “Lo Spirito Santo lavora in modi misteriosi” scherzò una volta.
Rinnovo
Wojtyla era inizialmente timoroso della politica, dicono dei suoi amici intimi. Negli anni 1970, tuttavia, iniziò a vedere che tutto era politico in uno stato totalitario. La sua carriera si sviluppò nel clima spirituale formato in modo significativo dal Cardinale Wyszynski che, incarcerato nel 1953 dai comunisti, aveva trascorso i suoi anni di prigionia scrivendo dei libri e pianificando una strategia nazionale per il rinnovo pastorale. Dopo la sua reintegrazione nel 1956, Wyszynski aveva inaugurato la ‘Grande Novena’, un’iniziativa di nove anni di rinnovo spirituale che doveva culminare nel 1966, la celebrazione del giubileo del cristianesimo polacco. Ogni anno, un tema (la fede, i Dieci Comandamenti, la vita di famiglia, la vita morale, la giustizia sociale,…) diventò riferimento d’insegnamento in tutta la nazione. Nell’anno del giubileo, il cardinale aveva radunato folle di centinaia di migliaia di persone in tutto il paese in una manifestazione inedita di devozione alla Chiesa ed un senso rivitalizzato di nazione radicata nel cristianesimo.
La ‘Grande Novena’ era un bivio maggiore nella lotta del paese contro il comunismo. Fra i movimenti di rinnovo emergenti per aiutare a porre le fondamenta morali erano i campi estivi Oasis sotto la guida carismatica di Padre Blachnicki, (dove dei membri della Gioventù in Missione facevano parte degli oratori negli anni 1970 e 1980).
Il proprio viaggio politico di Wojtyla è illustrato dalla lotta di costruire una chiesa a Nowa Huta, una città costruita dai comunisti come un paradiso per i lavoratori dell’acciaieria di Lenin negli anni 1950. Siccome i lavoratori erano ritenuti atei, nessuna chiesa era inclusa nel piano della città. I lavoratori la pensavano diversamente. Wojtyla, essendo i loro vescovo, combattette per loro conto per il loro diritto di avere una chiesa. Anno dopo anno, lui ed altri preti predicarono dei sermoni e amministrarono la messa in campo aperto – d’estate e d’inverno – dove la chiesa doveva essere costruita. Delle croci erano poste nella zona indicata e distrutte di notte, per riapparire qualche giorno dopo. Finalmente, le autorità acconsentirono di permettere la costruzione d’una chiesa… fuori dalla città. Wojtyla scese a compromessi ed accettò. Quasi vent’anni dopo la prima richiesta di permesso, nel maggio 1977, Karol Wojtyla consacrò la Chiesa dell’Arca, un simbolo della chiesa salvando la gente attraverso le tempeste del regime comunista.
Speranza
L’anno successivo, da primo papa non italiano sin dal Papa olandese Adriano VI (1522-1523), Giovanni Paolo II dichiarò da San Pietro a Roma un messaggio che spaventò i cuori dei dirigenti comunisti: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo. Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo lui lo sa!”
Mentre i polacchi si accendevano con speranza udendo l’annuncio dell’elezione del ‘loro’ papa, il regime di Varsavia sapeva ora di avere un nemico potente a Roma: capace di suscitare dei sentimenti di pietà profonda e di patriottismo in tutta la nazione polacca, capace di esporre la menzogna comunista, capace di promuovere un vero universalismo, una politica alternativa basata sull’umano creato nell’immagine di Dio, ed una democrazia rappresentando davvero la voce del popolo. Realizzarono troppo tardi quanto avevano sottovalutato il ‘loro’ Karol Wojtyla.
Giovanni Paolo II portò con se quattro convinzioni personali: un rifiuto della divisione artificiale di Jalta dell’est e dell’ovest, che considerava essere una grave ingiustizia; una convinzione che l’ovest e l’est andavano insieme in un’Europa essendo come un corpo respirando con due polmoni; un patriottismo polacco, non da nazionalista limitato ma da internazionalista che credeva che le sofferenze della Polonia, ‘crocefissa tra due ladri’, comportava un valore redentivo per il mondo intero; ed una convinzione che l’alba imminente del terzo millennio doveva essere l’occasione per il rinnovo dello spirito umano basato sulla ‘verità sull’uomo’.
Pianificò il suo primo peregrinaggio in Polonia per il maggio 1979, il 900° anniversario del martirio di San Stanislao, ucciso personalmente dal re polacco Boleslao II l’Ardito. Allarmati dal simbolismo, il regime comunista rifiutò d’invitarlo. Il Papa negoziò una visita un mese dopo, in cui predicò trentadue sermoni in nove giorni: sul rispetto per i diritti umani fondamentali, compreso il diritto di una nazione per la libertà; e sul ruolo della chiesa di aiutare gli uomini e le donne a diventare dei servitori più devoti degli uni verso gli altri, delle loro famiglie e della loro società. La sua visita, la prima di numerose visite, era vista da tanti come l’inizio della fine del sistema imperiale di Jalta attraverso l’impero di Stalin.
Ciò che Havel descriveva come ‘un miracolo’ risultò essere un terremoto politico, psicologico, morale e spirituale, un momento in cui milioni di polacchi decisero di vivere ‘come se’ fossero liberi. In un anno, certi di loro precisarono questa nuova convinzione in un movimento di solidarietà chiamato Solidarność.
Il professore di Oxford Timothy Garton Ash lo disse in questi termini: “Senza il Papa, niente Solidarietà. Senza Solidarietà, niente Gorbaciov, Senza Gorbaciov, niente caduta del comunismo.”
Jeff Fountain
Direttore Centro Schuman
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