Il titolo
Il quarto tema della domanda ‘Chi parla per l’Europa?’ trattata nell’edizione 33 del periodico Vista (articolo introduttivo qui, 1o tema qui, 2o tema qui, 3o tema qui – edizione completa in inglese qui)
Parlando a nome della vostra rete, agenzia o chiesa, qual è, secondo lei, il messaggio più importante da comunicare per quanto riguarda la missione in Europa oggi?
Questa domanda ha suscitato certe riflessioni molto appassionate, interessanti e profonde. In generale, c’era una accettazione generale che l’Europa è un campo valido di missione, un punto sottolineato da Harvey Kwiyani ed anche da Kent Anderson, che ha usato la frase provocativa “il continente oscuro” quando descriveva lo stato spirituale dell’Europa oggi. Il fatto che varie persone intervistate risentivano che era necessario giustificare l’Europa da campo di missione è qualcosa che, senza dubbio, toccherà e motiverà quelli implicati nella missione qui.
C’era una divergenza d’opinione sul modo di capire e di descrivere l’Europa oggi, una questione importante perché la nostra comprensione dell’Europa aiuta ad elaborare i nostri approcci missionari. Categoricamente, l’americano Jeff Carter nota che “l’Europa ha derivato, da essere la fondazione della fede cristiana verso un deserto secolare che è un’ombra della sua gloria anteriore… [nel quale] i giovani non sono più interessati, persino coscienti, del loro bisogno spirituale.”
Ma altri trovavano segni di vitalità e ragioni d’incoraggiamento: Richard Bromley di ICS dice che, anche se la religione organizzata “ha subito un brutto colpo”, questo non significa necessariamente che l’Europa può essere vista come “un continente postcristiano.” Alla fine, egli argomenta, c’è “ancora un rumore di fondo di fede ed il messaggio di Cristo risuona ancora con la gente”, ed il futuro vedrà “delle piccole comunità proclamare fedelmente Gesù Cristo, rinfrescate e vitalizzate da fratelli e sorelle dal resto del mondo.” Samuel Cueva risuonava in modo simile con la sua rivendicazione che, malgrado un “usura spirituale” della chiesa in Europa, “c’è ancora speranza per l’Europa…perché il Vangelo produce sempre la speranza, la pace, la giustizia e la libertà.” Lo stato attuale dell’Europa dovrebbe quindi essere visto come “una grande opportunità per tutta la chiesa [mondiale].”
Per altri, il messaggio chiave da essere comunicato riguarda il modo in cui i cristiani devono lavorare insieme in questo difficile contesto europeo. Raphael Anzenberger trova questo “molto eccitante… che dei paesi europei [e le loro chiese] collaborino insieme.” In modo simile, Joke Haaijer definisce il messaggio chiave come “lavorare insieme, trovare le forze degli uni e degli altri.” Jeff Carter osserva acutamente che la diversità di culture e di lingue d’Europa potrebbe significare una “ricca collaborazione nella missione” o dei “sili d’isolamento e di divisione”, ed incoraggia quindi “i fratelli e sorelle a lavorare insieme per mostrare un cammino migliore, l’unico cammino.” Questo punto è ripetuto da Usha Reifsnider, che enfatizza il bisogno d’umiltà ed un atteggiamento d’apprendimento: “Siate preparati ad imparare e ad essere diretti da gente di luoghi, di generazioni, di culture, di lingue, d’ideologie che non avete mai considerato.”
La nostra risposta finale alla domanda del messaggio più importante viene da John Gilberts di Greater Europe Mission (Missione Grande Europa). Esprime un senso reale d’urgenza quando dice che “l’afflusso degli immigranti e dei profughi in Europa è un’opportunità senza precedente. Dobbiamo mobilitarci e cogliere l’opportunità!” Se un ulteriore motivazione missionaria fosse necessaria, egli aggiunge: “Siamo convinti che se Gesù fosse qui oggi, lo trovereste fra le barche a Lesbo, le case di container ed i campi di profughi in tutte le grandi città d’Europa.”
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