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Smettete di parlare e ascoltate per un momento

Il primo tema della domanda ‘Chi parla per l’Europa?’ trattata nell’edizione 33 del periodico Vista (articolo introduttivo qui – edizione completa in inglese qui)

Quali sono le voci dominanti per l’Europa nelle chiese e nelle reti missionarie con le quali siete più familiarizzati?

Senza sorpresa, le risposte delle persone intervistate dipendevano molto fortemente dal loro contesto. Alcuni interpretavano “dominante” come significando (come l’avevamo cercato) magari troppo franco, potente o vocale; mentre altre persone intervistate interpretavano “dominante” come significando semplicemente voci importanti o autorità.

E quindi, in termini di voci dominanti “parlando per l’Europa”, non sorprenderà che le persone intervistate abbiano menzionato l’Alleanza evangelica europea e l’Associazione europea di Missione evangelica, cosiccome la Comunione pentecostale europea e la Conferenza delle Chiese europee cosiccome le alleanze evangeliche nazionali. Altri movimenti comprendevano Hillsong, Alpha, 3DM e le reti dei responsabili battisti. Un gran numero di “voci” dominanti individuali è stato menzionato, troppi da poterli menzionare, quali Pete Greig, Jeff Fountain, Matthew Skirton, Karl Martin, Rich Robinson, Miriam Swafield, Sara Breuel e il vescovo anglicano in Europa, Robert Innes, cosiccome il nostro editore di Vista, Jim Memory.

In modo significativo, i rappresentanti di chiese e di movimenti di migranti offrivano una prospettiva diversa, ed erano più propensi ad identificare delle voci dominanti: il missiologo peruviano, ed anche pastore basato a Londra, Samuel Cueva, notava che “le voci dominanti sono ancora la chiesa occidentale” e che qualsiasi movimento verso il policentrismo e la reciprocità nella missione europea è “un processo molto lento”. Similmente, Usha Reifsnider di OCMS e del Centre for Missionaries from the Majority World (Centro per i Missionari del Mondo maggioritario) nota il dominio occidentale e, più specificamente, le più grandi “risorse finanziarie che danno alla voce evangelica americana la più grande notorietà” in Europa. Una terza prospettiva proveniente dalle comunità di migranti o della diaspora viene dal dottor Harvey Kwiyani, che dice che le voci dominanti sono “principalmente i bianchi europei”, che, in modo schiacciante, “la maggior parte del tempo, sembrano aver nessuna comprensione di quel che la missione attuale in Europa deve fare.”

Tuttavia, una nota d’ottimismo viene da Jeff Carter che, da Battista nordamericano, viene con una prospettiva esterna sulla missione europea. Jeff osserva che “le chiese nei territori precedentemente occupati dall’Unione sovietica hanno iniziato ad alzare le loro voci e diventano più rispettate nelle conversazioni” sull’evangelismo e sulla missione. Quindi, come lo fa Raphael Anzenberger, anche se è giusto dire che le voci dominanti vengono tipicamente dalle “nazioni anglofone e dalla Scandinavia”, la notizia positiva è che altre prospettive e voci possono essere molto più sentite.

Quali voci sono marginalizzate ed ignorate nelle discussioni sulla salute della Chiesa e sulla missione in Europa?

Questa seconda domanda segue naturalmente la prima: siccome certe voci dominano, abbiamo specificamente chiesto quali voci sono marginalizzate e/o ignorate. Ovviamente, dobbiamo riconoscere il paradosso di porre una domanda su qualcosa di cui non siamo consapevoli: per definizione, è difficile (se non impossibile) identificare quelli che sono nel nostro angolo morto! Ma certi gruppi di persone sono stati identificati come marginalizzati, quali le donne, i migranti, i giovani e denominazioni o chiese specifiche.

Così come lo dimostra la lista dei partecipanti in questa ricerca, le voci femminili sono sorpassate da quelle maschili. Come lo nota Tony Peck, il Segretario generale della Federazione battista europea: “in certe parti d’Europa, le voci delle donne sono marginalizzate e ignorate, e i loro doni di responsabilità sono soffocati.” I responsabili d’agenzie missionarie condividono questo punto di vista: le voci di donne sono effettivamente marginalizzate perché la maggioranza dei responsabili di chiese e di missione è maschile, sottolinea Kent Anderson, Direttore britannico di ECM. E John Gilberts, di Greater Europe Mission (Missione della Grande Europa), menzionava vari esempi di giovani responsabili femminili con un impatto incredibile nelle loro comunità ma le cui voci non sono sentite nelle discussioni sulla missione in Europa.

Tuttavia, la risposta più comune a questa domanda era che i migranti (quelli da fuori Europa) erano sistematicamente ignorati e marginalizzati. Questo era menzionato da tutti i tipi di persone intervistate, con le risposte più istruttive proveniente, senza sorpresa, dai rappresentanti di chiese di migranti e della diaspora. Samuel Cueva stima che i responsabili della missione nella diaspora non sono sentiti – ma una delle ragioni per questo è una mancanza di “partecipazione nella riflessione critica (per esempio) dei responsabili latinoamericani lavorando in Europa.” Harvey Kwiyani sosteneva che le conversazioni si fanno intorno alla missiologia della diaspora ma che, purtroppo, queste “si fanno fra le persone della diaspora ma attirano poco interesse dai responsabili di missione locale.” Certi fra i commenti più penetranti venivano da Usha Reifsnider, che notava che le voci del mondo maggioritario hanno più influenza oggi che mai prima – ma operano ancora in un paradigma occidentale e “continuano di considerare la loro identità attraverso l’obiettivo creato dall’Occidente e rafforzato attraverso il colonialismo, il postcolonialismo ed il neocolonialismo. “ Usha conclude che le voci non-occidentali indipendenti “dall’approvazione, dalle risorse e dall’influenza della teologia occidentali” sono ignorate sia nell’Occidente sia nel mondo maggioritario.

Fra le altre persone che pensavano di essere marginalizzate nella missione europea figuravano i Pentecostali, gli Ortodossi ed i Cattolici, specialmente i movimenti di gioventù e quelli ingaggiati nella rivitalizzazione della Chiesa cattolica, secondo John Gilberts ed altri. Similmente, Cueva indica che i missionari provenienti da chiese indipendenti ed i missionari non convenzionali, che potrebbero non essere collegati con un agenzia speditrice, sono esclusi dalle conversazioni sulla missione europea. Il tipo finale di marginalizzazione menzionato era quello basato sull’etnicità o un’altra identità, compresi i popoli d’Europa dell’est e del sudest, e i Rom.

Quali voci fra quelle marginalizzate pensate meriterebbero di essere urgentemente sentite?

Ovviamente, tutti i gruppi e tutte le voci marginalizzate meritano di essere inclusi e sentiti. Tuttavia, è possibile che certe voci debbano essere sentite più urgentemente.

Fra le persone intervistate, c’era un riconoscimento generalizzato del fatto che i migranti cristiani con un ministero in Europa meritano di essere sentiti urgentemente. Questo è l’argomento di Frank Hinkelmann, scrivendo a nome dell’Alleanza evangelica europea, che nota una mancanza collettiva “d’invitare e d’includere le chiese migranti nella nostra parola nazionale ed europea.” Jeff Carter concorda “che è necessario di avere uno sforzo concertato per fare posto alle nuove chiese di migranti alla tavola delle conversazioni” intorno all’evangelismo e alla missione. In modo incoraggiante, egli riferisce che “dei punti di luci brillanti in certi paesi dove sono stati deliberatamente invitati alla tavola e a lavorare ai loro fianchi per l’interesse del Vangelo.”

Altre persone intervistate hanno ugualmente aggiunto degli esempi specifici nelle minoranze etniche e nelle chiese di migranti. Mike Betts di NewFrontiers (Nuove Frontiere) suggerisce che dobbiamo tener conto di “quelli provenienti da nazioni islamiche che si sono convertiti… mentre siamo di fronte ad un multiculturalismo crescente nella maggioranza delle nazioni europee.” E Raphael Anzenberger sostiene che dovremmo ascoltare le voci dai paesi dove ci sono delle svolte evangelistiche e missionarie significative, quali la Spagna, la Francia, la Repubblica ceca e la Macedonia del Nord. Quelli che lavorano lì hanno evidentemente tanta esperienza da condividere.

Fra le persone intervistate dalle chiese di migranti, Samuel Cueva sosteneva di ascoltare urgentemente i responsabili di chiese indipendenti, specificamente quelle che sono emerse dalle attività di missioni non convenzionali o dalla missione nella diaspora; tanti di loro sono pentecostali o carismatici. Usha Reifsnider sottolineava l’importanza di ascoltare queste iniziative africane, latinoamericane e asiatiche in Europa che innovano nella la diffusione fuori dalle loro etnie.

Altre persone intervistate sottolineavano che dovremmo ascoltare il più urgentemente possibile i responsabili di movimenti di gioventù da tutta l’Europa; quelli lavorando fra i Cattolici scontenti; i responsabili e le missionarie femminili; e, con un grande precedente biblico, ascoltare le voci “delle vedove e degli orfani”, e lavorare con loro e ai loro fianchi.

Scritto da Chris Drucker, Joanne Appleton e Jim Memory per Vista Magazine

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