Una missione universale
Pentecoste è un buon momento per fare un esame obiettivo su ogni idolatria di nazionalismo nascondendosi nei nostri cuori.
Gli eventi descritti da Luca nei primi capitoli degli Atti degli Apostoli ci ricordano che l’obiettivo finale dei piani di Dio nella storia umana è il raduno della chiesa mondiale multietnica: “da ogni tribù, lingua, popolo e nazione”, come Giovanni lo scrive nella sua Apocalisse (5:9).
L’effusione dello Spirito diede nascita a questa chiesa ‘arcobaleno’ quando gli ebrei ed i convertiti, compresi gli Cretesi e gli Arabi, “da ogni nazione sotto il cielo”, sentirono i discepoli lodare Dio nelle lingue dei loro paesi di residenza. E Pietro si alzò quindi per spiegare che ciò che tutti testimoniavanoera quel che il profeta Gioele aveva predetto che dovrebbe accaderenegli “ultimi giorni”.
E quindi chiaro che siamo negli ultimi sin dalla Pentecoste. Ed è ugualmente chiaro che questo era soltanto l’inizio del compimento di questa profezia. Lo Spirito doveva ancora essere sparso su ogni carne. Tanto deve ancora venire – qualcosa che dovrebbe entusiasmarci.
Questo dovrebbe anche avvertirci contro il genere di nazionalismo religioso predicato sulle piattaforme politiche dei due lati dell’Atlantico oggigiorno. Viviamo qualche parte tra Atti capitolo 2 e Apocalisse capitolo 5, come facendo parte del processo di una chiesa diventando sempre più multiculturale. La Nuova Gerusalemme sarà multirazziale e multilingua, tutta concentrata su Colui che riconcilierà ogni cosa sotto il cielo e sulla terra.
Inclusivo
Eppure, troppo spesso, vediamo dei cristiani commettere lo stesso errore per il quale Israele fu rimproverata dai profeti e da Gesù stesso: l’etnocentrismo. Invece di adottare i piani di Dio per tutti i popoli, Israele era troppo spesso concentrata sul fatto che era la Scelta. Troppo spesso, adottarono una politica di “prima Israele”. Ma dimenticavano la ragione per la quale erano stati scelti: per benedire tutti i popoli del mondo, e per essere la luce dei popoli.
Abbiamo qui un allarme serio per chi è tentato di adottare il nazionalismo religioso “per preservare la nostra eredità cristiana”. Il vangelo è inclusivo, destinato a tutti i popoli. Non è il diritto esclusivo degli occidentali. Siamo un popolo migliore quando ci impegniamo per il benessere degli altri, cioè per “amare i nostri prossimi”. Siamo delle nazioni migliori quando privilegiamo il bene comune della comunità delle nazioni, e non un nazionalismo etnico che piazza una nazione sopra le altre come obiettivo politico.
Da cristiani, ci sforziamo di seguire le rivendicazioni esclusive del vangelo. Eppure, quelli fra di noi vivendo nei paesi plasmati dal cristianesimo (ortodossi, cattolici o protestanti) presuppongono spesso che il matrimonio tra la fede e il nazionalismo è buono e biblico. Perché il “nazionalismo cristiano” ha le sue radici nella conversione costantiniana di Roma al cristianesimo, oppure anche prima, nell’alleanza dell’Antico Testamento tra Dio e Israele. Nelle diverse fasi della storia, i cristiani hanno rivendicato una chiamata di “strumento divino”, di “destino manifesto”, o di “luce per le nazioni”, dall’Impero romano di Costantino fino al Sacro Impero romano di Carlo Magno, la santa Russia ortodossa, la Gran Bretagna contro la Spagna, gli Afrikaner del Sudafrica e gli Stati Uniti.
I cattolici sono generalmente meno vulnerabili rispetto ai protestanti di fronte alle tentazioni di “mentalità di Dio e del paese”, essendo coscienti d’appartenere ad una Chiesa ‘cattolica’ (significando ‘universale’), invece di identificarsi ad una nazione particolare come la Chiesa d’Inghilterra o la Chiesa riformata olandese. Eppure, oggi, nelle nazioni cattoliche quali l’Ungheria, la Polonia e l’Italia, il nazionalismo religioso minaccia di pregiudicare le fondazioni di una società libera e aperta al nome della “preservazione della nostra eredità cristiana”.
Cappellano
Le Chiese ortodosse orientali hanno però tendenza d’identificarsi alle loro nazionalità etniche: greci ortodossi, serbi ortodossi, russi ortodossi, rumeni ortodossi, bulgari ortodossi, ucraini ortodossi, e così via. Le relazioni Chiesa-stato nel mondo ortodosso sono sempre state basate sul concetto di symphonia (armonia), che significava spesso che la chiesa diventava il cappellano invece del profeta dello stato.
Troppo spesso, riteniamo che le nazioni sono sempre state presente e sono l’unità concepita da Dio per la comunità umana. Citiamo Atti 17:26, dicendo che Dio “ha tratto da uno solo tutte le stirpi degli uomini, perché abitassero sopra tutta la faccia della terra, avendo determinato le epoche prestabilite e i confini della loro abitazione”. Ma gli stati-nazione come li vediamo sulla mappa del mondo oggi sono degli sviluppi recenti e opposti a ethne (popoli), la parola usata in Atti 17. La Rivoluzione francese lanciò un’ondata di nazionalismi in tutta l’Europa, provocando delle rivoluzioni che continuano ad avere un impatto su questo continente. Il ventesimo secolo è stato descritto come “un secolo delle nazioni e del nazionalismo”; il nazionalismo è “una religione sanguinosa le cui vittime eclissano il numero di morti nelle Crociate”, “una reazione contro il cristianesimo storico, contro la missione universale di Cristo”.
Pentecoste ha incoraggiato i discepoli a dichiarare alle autorità: “Bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini.” (Atti 5:29). Che lo Spirito ci incoraggi pure ad alzarci per la verità, per l’amore e per la giustizia, e per gli obiettivi di Dio per tutti i popoli.
Jeff Fountain
Direttore Centro Schuman
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