Tre minuti che cambiarono l’Europa (1a parte)
Un discorso di Jeff Fountain nella Celebrazione della Giornata dell’Europa (9 maggio 2019 – Bucarest)
Tanti di noi abbiamo la memoria corte. Purtroppo la memoria corte nutrisce una mancanza di visione.
Ecco perché voglio condividervi una storia con la quale non ho cresciuto. La mia esperienza è che pochi di voi avranno sentito questa storia. È una storia legata a questa giornata, perché il 9 maggio 1950, Robert Schuman convocò una conferenza stampa. Nello spazio di tre minuti, più o meno il tempo necessario per bollire un uovo, o per preparare una tazza di caffè, Robert Schuman pose le fondazioni della Casa europea, nella quale vivono oggi mezzo miliardo di europei insieme nella pace, una fase senza precedente della storia europea. Come mai?
Dobbiamo fare qualche passo indietro. Tutti sanno chi ha vinto la guerra. I Russi sanno che hanno vinto la guerra. Gli Americano sanno che hanno vinto la guerra. I Britannici sanno che hanno vinto la guerra. Ma la domanda vera è: chi ha vinto la pace? Perché la pace non è iniziata il giorno in cui il cessate il fuoco iniziò. Abbiamo tendenza a dimenticare quanto l’Europa era un posto orribile dopo la guerra. I soldati erano venuti e avevano dato cioccolato, baci e sigarette. Ma poi sono tornati a casa e gli europei dovevano ricostruire l’Europa. Le esperienze dell’est e dell’ovest erano state spesso molto diverse.
C’è una statua nel centro di Rotterdam di una persona tormentata, il cui cuore è esploso. E stata creata da uno scultore francese per la città di Rotterdam che era stata bombardata in una giornata funeste di maggio 1940 dal Blitzkrieg di Hitler. Ma potrebbe rappresentare anche tutta l’Europa del dopoguerra, perché l’Europa viveva davvero un caso atroce di disturbo da stress postraumatico.
Quando Robert Schuman era primo ministro per un breve periodo, i comunisti facevano di tutto per danneggiare le nuove democrazie emergenti di certi paesi europei. C’erano grandi sconvolgimenti. Contemporaneamente si produceva il ponte aereo di Berlino. Stalin intensificava la sua dominazione sull’Europa dell’est, progredendo di nazione in nazione. Il futuro sembrava decisamente molto buio. C’erano momenti in cui tanti europei d’occidente migrarono verso l’America, il Canada, l’Australia o la Nuova Zelanda. L’Europa non sembrava essere un luogo di speranza.
Tutto questo ci porta al 9 maggio 1950, alla storia dietro a quest’uomo che ha pronunziato questo discorso, Robert Schuman. Jean Monnet, che era seduto alla sua destra durante la conferenza stampa, era molto importante per questo progetto. Dobbiamo anche conoscere delle persone come Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi, che erano centrali a questo processo.
Schuman era nato a Lussemburgo, vicino ai confini del Granducato con la Francia e la Germania. In realtà, la regione che è oggi francese era occupata dalle forze di Bismarck. Era la ragione per la quale il padre di Schuman si era traslocato nel Lussemburgo, per non essere sotto i tedeschi. Ma Schuman stesso era stato educato principalmente in Germania. Alla fine della prima guerra mondiale, quando queste regioni furono rese ai francesi, Schuman decise di diventare francese. In realtà, aveva dovuto cambiare cinque volte la sua nazionalità durante la sua vita. Era un credente molto devoto, avendo pure considerato diventare monaco. Tuttavia, altri amici suoi l’incoraggiarono dicendogli: “No! La prossima generazione di santi porterà giacche e cravatte.” Robert Schuman diventò dunque eletto al Parlamento francese.
Schuman era stato il primo deputato ad essere arrestato dalla Gestapo, dopo l’invasione tedesca della Francia, perché era una minaccia per loro, essendo un uomo di grande reputazione e d’integrità. Fu piazzato in cella d’isolamento per sette mesi. Essendo un uomo di preghiera, sapeva quel che doveva fare con quest’isolamento. Di recente, ho potuto parlare con un giornalista che aveva lavorato con lui. Mi spiegava che aveva visto le lettere che Robert Schuman inviò in contrabbando ai combattenti clandestini in Francia per dirli: “Noi, i francesi, dovremo imparare ad amare e a perdonare i tedeschi per ricostruire l’Europa dopo la guerra.” Questo mostra la statura di quest’uomo mentre era imprigionato. Parlava del bisogno d’amore e di perdono dopo la guerra. Riuscì ad evadersi e a raggiungere la Francia libera, dove dovette passare nella clandestinità quando i tedeschi occuparono poi anche il sud libero. Era lì che ebbe il tempo di pensare a come poter ricostruire l’Europa dopo la guerra.
Realizzò che ci voleva un nuovo quadro di pensiero. Un ordine nuovo era necessario. Il vecchio ordine era finito con il Trattato di Vestfalia a Münster nel 1648, dopo la guerra di trent’anni e la guerra d’ottant’anni. Da quel momento era nato un nuovo ordine fatto di stati nazioni. Questo sistema d’alleanze rivali aveva portato a varie guerre con la Francia e la Germania litigandosi al cuore di tutto questo.
Schuman considerava che la democrazia veniva dagl’insegnamenti di Cristo: il principio d’uguaglianza, la pratica dell’amore fraterno, la libertà individuale ed il rispetto per i diritti dell’individuo. Egli diceva: “La democrazia sarà cristiana o non sarà. Una democrazia anticristiana sarà una parodia che finirà nella tirannia o nell’anarchia.” Citazioni di questo tipo sono assai politicamente scorrette nel nostro mondo occidentale odierno. Ma era il cuore della comprensione di Schuman di quel che doveva accadere in Europa. Amare il suo prossimo come se stesso era un principio democratico, il quale applicato alle nazioni, significava essere preparato a servire e ad amare i popoli vicini. Cosa questo significava nella politica internazionale, in particolare per i francesi ed i tedeschi? Se il cristianesimo insegnava che eravamo figli dello stesso Dio, nonostante la razza, il colore, lo statuto sociale o la professione, allora gli stati dovevano essere trattati da uguali. La legge universale dell’amore e della carità faceva di ogni umano il nostro prossimo, egli continuava. Anche le relazioni sociali nel mondo cristiano erano basate su questo sin da allora.
Applicati alla comunità dei popoli, il perdono e la riconciliazione, anche con quelli che sono ora i nostri nemici, erano degli imperativi cristiani. La visione europea e la storia europea erano profondamente radicate nella storia cristiana, egli credeva. Se ci tagliamo da queste radici, ci tagliamo dalle fondazioni dell’uguaglianza, della dignità umana, della tolleranza e della compassione. Quindi, la sua visione per l’Europa era che ci voleva una comunità di popoli profondamente radicata nei valori cristiani.
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