Dio e Cesare (4a parte)
Tratto dal libro di Jeff Fountain Deeply Rooted (1a parte qui, 2a parte qui, 3a parte qui). Il libro sarà pubblicato prossimamente in italiano.
Questo era l’inizio di una carriera importante nella successione di gabinetti francesi nel corso del decennio successivo, successivamente da Ministro delle Finanze, degli Esteri e della Giustizia.
Un anno e due governi dopo, Robert Schuman fu nominato Primo ministro, un ruolo che tenne nell’anno tumultuoso 1947-48. Per un breve periodo, ebbe simultaneamente l’incarico di Ministro degli Esteri, prima di lasciare la carica di Premier per focalizzarsi sul compito caro al suo cuore.
Queste posizioni gli permisero di avviare quello che vedeva come un era nuova nella quale le nazioni europee sarebbero ritenute responsabili di difendere i diritti umani. Non ci sarebbe più possibilità per un “gangsterismo di stato” di ripetere le atrocità di Dachau o di Auschwitz, e le persecuzioni delle minoranze. Propose l’istallazione d’un Consiglio dell’Europa nel quale le democrazie europee sarebbero invitate a diventare membri, sottoponendosi alla legge sovranazionale assicurando i diritti umani. Questi diritti erano ormai specificati in quel che è oggi la Convenzione europea dei diritti umani. Una Nuova Europa sarebbe definita dai confini delle nazioni formando questo consiglio.
Nel 5 maggio 1949, Schuman si riunì con i dirigenti di dieci nazioni europee nel St James Palace di Londra per firmare gli statuti del Consiglio d’Europa.
Anche quando firmò a nome della Francia, Schuman sapeva che, anche se il Consiglio era essenziale per proteggere i diritti umani, ulteriore misure erano necessarie. Nella conferenza stampa di Londra, parlò della necessità per un associazione o unione sovranazionale di democrazie per “rendere impossibile la guerra.” I secoli sanguinosi del passato, con le loro raccolte letali di nazionalismi e di rivalità, avevano messo il pianeta sull’orlo del suicidio. Dovevano lasciare spazio ad una nuova era d’unioni sovranazionali di democrazie focalizzate sulla pace.
Questo, egli credeva, promuoverebbe la crescita sia spirituale sia politica. Coinvolgerebbe una grande “sperimentazione europea” radicata nel principio democratico di “amare il suo prossimo come se stesso” applicata ai popoli e alle nazioni.
Undici giorni dopo a Strasburgo, Schuman tornò sul tema di “un’unione sovranazionale”, parlando di una grande sperimentazione, un sogno che per dieci secoli aveva rivisitato i popoli d’Europa, per creare un organizzazione per terminare la guerra e garantire la pace.
La chiesa romana del Medioevo era fallita, egli diceva, cosiccome i tentativi degli imperatori tedeschi, e “le pretese inaccettabili di un Führertum, i cui ‘fascini’ abbiamo noi tutti sperimentati.”
Schuman continuava: “Lo spirito europeo significava essere consapevole di appartenere ad una famiglia culturale e di avere una volontà di servire questa comunità in uno spirito di mutualità totale, senza nessun motivo nascosto d’egemonia e di sfruttamento egoista ed altri ancora. L’Ottocento aveva visto delle idee feudali essere opposte e, con la crescita dello spirito nazionale, le nazionalità affermarsi.
“Il nostro secolo, che era stato testimone di catastrofi causando lo scontro senza fine di nazionalità e di nazionalismi, doveva cercare e riuscire a riconciliare le nazioni in un associazione sovranazionale. Questo salvaguarderebbe le diversità e le aspirazioni di ogni nazione mentre le coordinerebbe nello stesso modo in cui le regioni sono coordinate nell’unità della nazione.”
Eppure, più Schuman promuoveva questo tema, più sentiva crescere in se una frustrazione interiore, nonostante tutti i progressi fatti nei pochi anni sin dalla fine della guerra, verso gli obiettivi che aveva identificato nella sua solitudine.
Il Consiglio d’Europa era in se una tappa maggiore verso la protezione dei diritti umani. Schuman aveva rappresentato la Francia a Washington il mese prima di firmare il Patto Atlantico e prima di essere testimone della nascita dell’alleanza militare che avrebbe dato stabilità all’Occidente almeno fino al secolo successivo. Il Piano Marshall era già operativo da un anno, aiutando i paesi europei a modernizzare le loro economie e le loro industrie, abbassando gli ostacoli agli scambi e promuovendo la speranza e l’autosufficienza.
Si, tutti questi fattori erano essenziali nella ricostruzione di un Europa devastata ed esaurita.
Ma Schuman risentiva che due cose stavano mancando.
La prima cosa era la forza di volontà ed un quadro politico per “un’unione sovrannazionale”. Mentre Schuman sapeva chiaramente quali tappe dovevano essere intraprese per costruire una nuova Europa, altri non erano così tanto convinti; l’ultimo di tutti era il suo successore da Primo ministro, Georges Bidault. Schuman risentiva poco appoggio dal suo governo per il compito che lo aspettava.
La seconda cosa era la sua forza di volontà personale per un cambio profondo, interiore e che sorge dall’interno. Tutto l’aiuto americano, sia economico sia militare, non poteva costringere i Francesi ed i Tedeschi, o gli Europei in generale, ad “amare i loro prossimi come loro stessi”.
Jeff Fountain
Direttore Centro Schuman
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